martedì 2 settembre 2014

M110

Ritorno su Andromeda, per vedere anche le associate galassie M32 e M110. La prima continua a sfuggirmi, persa nella macchia lattiginosa di Andromeda (ma forse sono io che sbaglio qualcosa), ma la seconda stavolta appare chiaramente: una macchiolina staccata, a nord dell’ovale di Andromeda. Quando quella luce è partita, i primi Homo Habilis scolpivano rudimentali chopper in pietra.


giovedì 7 agosto 2014

M76

Mi sono comprato un filtro nebulare, che dovrebbe far passare solo specifiche lunghezze d’onda, tagliando fuori l’inquinamento luminoso ed esaltando, per l’appunto, le nebulose. Ho voluto provarlo subito, anche se, vista la luna quasi piena, le condizioni erano pessime. Dopo qualche tentativo andato giustamente a vuoto, vedo sull'atlante stellare il solitario M76, in Perseo e dietro Cassiopea. Non so cosa sia e non approfondisco, lo cerco e basta. Arrivo dove dovrebbe essere, e nulla. Salta fuori che è per l’appunto una nebulosa planetaria, ed è probabilmente il più difficile da vedere di tutti gli oggetti del catalogo di Messier. Rimetto in azione il mio bel filtro nebulare e tac!, eccola lì, una nuvoletta tenuissima, vista con la tecnica della visione distolta ma comunque percepibile. Il fatto che la luna fosse prossima al tramonto certo ha aiutato. Soddisfazione incredibile, che in un colpo solo ho collaudato con successo il filtro nebulare e ho beccato uno dei Messier più impegnativi.



Quando quei pochi, sparuti fotoni che ho visto sono partiti, Mosè lasciava l'Egitto alla guida del suo popolo, bestemmiatori compresi.

martedì 5 agosto 2014

Alcor e Mizar


Ma anche

Sentito omaggio all’ignoto adattatore italiano che con questi nomi contribuì inconsapevolmente (almeno per noi) a volgere verso le stelle la testa di una generazione di ragazzini.

C’era anche Rigel (β Orionis),



Venusia, che è un ovvio richiamo al pianeta Venere,




e Actarus, il prototipo di eroe riluttante, che è una storpiatura di Arcturus (α Bootis).


venerdì 1 agosto 2014

M39

Fra Cigno e Cefeo c’è quest’altro ammasso aperto, carino ma decisamente meno personale rispetto a M29 con i suoi grafismi stilizzati. Va detto che il fatto di apparire sopra un campo stellare fittissimo certo non lo aiuta.


Quando la luce che ho visto è partita Riccardo Cuor di Leone saliva al trono d’Inghilterra.


lunedì 28 luglio 2014

M29 – Torre di raffreddamento

Dopo un tentativo raffazzonato di inquadrare Saturno ad uso pargoli, mi becco questo bell'ammassetto subito sotto Sadr, in mezzo al Cigno. È proprio bellino, con le stelle messe a formare come due parentesi affiancate, a creare la tipica forma di una torre di raffreddamento da centrale elettrica (che è poi un paraboloide di rotazione). Mi è piaciuto in particolare il suo aspetto grafico, lineare, con anche una linea di tre stelline che sembravano puntare ad infilarsi fra le due parentesi.

La distanza è poco chiara, perché c’è un sacco di polvere in mezzo, per cui si parla di qualcosa fra 7200 e 4000 anni luce. In termini di antico Egitto, significa un periodo che va dal Predinastico all'Antico Regno. Chissà quale Faraone c’era quando la luce che ho visto è partita.



venerdì 25 luglio 2014

M92

In una serata umida, prima che subentrino delle nuvole basse, becco anche questo ammasso globulare a completare la ricognizione della costellazione di Ercole, in queste sere praticamente allo zenit. L’ho trovato facilmente, il che mi ha dato quella soddisfazione – probabilmente illusoria – che ottieni solo quando ti rendi conto di “saper fare” qualcosa. Pianificazione dell’osservazione con le carte stellari, allineamento dello strumento con la polare, ricerca empirica di π Herculis usata come punto di riferimento, salita in declinazione fino al bersaglio: semplice.
Lui è un bel globulare, magari non cicciuto come M13 ma comunque notevole. Pare sia uno dei globulari più vecchi, qualcosa come 13 miliardi di anni. Complimenti, vecchio fossile.


Quando la luce che ho visto è partita, si era ancora in piena glaciazione, e Mammut e Tigri dai denti a sciabola vagavano per le pianure ghiacciate.


lunedì 21 luglio 2014

S Cephei, reprise

A quasi un anno dalla prima osservazione, riprovo a beccare S Cephei, la vecchia gigante rossa che il mio libro definiva come "forse la stella più rossa in cielo" e "relativamente difficile da osservare". In effetti fatico non poco a ritrovarla, ma quando finalmente la inquadro è un bel puntino rosso intenso, una differenza enorme rispetto a quello che osservai l'anno scorso, talmente scuro che quasi si confondeva col nero dello spazio.

È una variabile tipo Mira, con un escursione in magnitudine molto accentuata e un periodo di più di un anno. Pare che oltre all'effetto delle polveri carboniose, che si accumulano e la oscurano prima di essere periodicamente spazzate via, sia all'opera qui una vera e propria pulsazione, con la stella che fisicamente si espande e si contrae, quasi si contorcesse negli ultimi istanti d'agonia prima di diventare una nana bianca.

È il mio primo impatto con una stella variabile, direttamente percepita nella sua variabilità. Ne sono felice, che mi conferma l'immagine di un cosmo tutt'altro che statico, in cui succedono continuamente un sacco di cose e tutto è in movimento. Vista da qui è una specie di bit cosmico, 0 e 1, accesa e spenta. Mi chiedo oziosamente se qualcuno fin qui abbia mai pensato di usare una stella variabile come base di un codice binario. In effetti, sarebbe interessante.




lunedì 7 luglio 2014

M3

In uno spazio di cielo apparentemente vuoto, becco quest’altro ammasso globulare col nome di una BMW, fra le costellazioni dei Cani da Caccia (a cui formalmente appartiene), Boote e Chioma di Berenice. È ancora una nuvoletta bianca, meno definita e cicciosa di M13, comunque un bel batuffoletto. Leggo che in questo fossile vivente è stata trovata la prima delle cosiddette “Vagabonde blu”, così chiamate perché giovanissime e brillanti in mezzo a vecchie stelle in via di esaurimento. Mi pare un nome fighissimo.

Quando la luce è partita, i primi uomini stavano lasciando l’Africa per entrare in Europa.


lunedì 30 giugno 2014

Ammasso di Ercole - M13

C’è un po’ di nuvolaglia, ma alla fine lo becco alto sopra di me, nella costellazione di Ercole praticamente allo zenit. È un ammasso globulare, strutture fossili della nostra galassia disposte in un guscio sferico attorno al centro galattico e fuori dal piano a spirale della Via Lattea. Se è vero quel che leggo, potrebbe avere più di 10 miliardi di anni, il che lo renderebbe il più vecchio oggetto da me osservato finora. Visivamente è una bella nuvoletta compatta, col centro ben definito. Lo rintraccio senza problemi ma con un approccio fin troppo empirico per i miei gusti: mi sa che mi tocca un’altra sessione di approfondimento con lo strumento. La distanza è di ventitremila anni luce: quando la luce è partita un uomo della stirpe di Cro-Magnon scolpiva dee madri nella pietra. Quando invece l'ammasso è nato, tutto il nostro sistema era ancora di là da venire, e tutti gli atomi che mi compongono erano chissà dove, forse non ancora forgiati o già infornati in una gigante rossa che stava per esplodere. In qualche modo, c’ero.


mercoledì 4 giugno 2014

Saturno

Descrivere cosa ho provato la prima volta che ho visto Saturno non è facile, perché dentro ci sono tante cose.

Era esposto a sud, abbastanza alto sull'orizzonte, al centro della costellazione della Bilancia. Ma ho dovuto un po’ brigare, perché dalla mia postazione abituale (che è dietro casa: sono un astrofilo pigro o fortunato, a seconda dei punti di vista) quel lato di cielo mi è precluso. Ho spostato il telescopio su un prato oltre la strada, sotto una scarpata profonda qualche metro, abbastanza in basso da oscurare il lampione. Qualcuno dalla strada mi ha anche visto, a notte inoltrata, ad armeggiare con roba strana con una lampada rossa in fronte, ma oh, cazzi suoi.

E infine l’ho visto: una biglia bianca perfettamente definita e circondata dagli anelli, messi di tre quarti come dovrebbero sempre essere, con Titano in basso a destra e forse un altro satellite intravisto appena a sinistra.


La prima impressione è che è una meraviglia. Sarà anche relativamente semplice da osservare, ma Saturno è un gioiello di straordinaria eleganza, come una perla incastonata in una montatura perfetta. Ma il fatto di discernere una struttura complessa come gli anelli lo rende molto più presente, molto più intimo che non una pallina senza identità come Venere o Marte. È come vedere i crateri della luna col telescopio per la prima volta, che pensi di poterci camminare da quanto tutto è chiaro e definito. Solo che stavolta la sensazione è più profonda, perché a differenza della Luna non hai modo di intuire, ad occhio nudo, cosa sia lì ad attenderti. Ti rendi conto all’improvviso che stai davvero osservando Saturno con i tuoi occhi, dal vivo, senza trucchi. È lì, ed è davvero fatto come dicono. Esiste e lo stai guardando, e siete te e lui, e chissà se c’è qualcun altro con noi a condividere l’esperienza, qualcuno che, oltre me, lo sta osservando col suo telescopio, da chissà dove. La sensazione è di essere lì, sotto il cielo, a carpire i segreti di un altro mondo e a contemplare il mistero di cui fa parte. Lo spazio, il tempo, la gravità, la distanza. La luce e l’oscurità. L’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande. L’universo e la sua insondabilità radicale, appena mitigata un abbozzo di descrizione matematica la cui possibilità è a sua volta un mistero. E generazioni di astronomi e sacerdoti che hanno alzato gli occhi al cielo senza capire, e poi Galileo che col suo telescopio rudimentale cominciò a intuire che forse quel pianeta era strano, che forse erano addirittura tre, e poi Christiaan Huygens che in Olanda per primo lo vide come lo sto vedendo adesso. E il ruolo dell’uomo, che nato su un granello osa avventurarsi al di fuori. Vertigine.