C’è un po’ di nuvolaglia, ma alla fine lo becco alto sopra
di me, nella costellazione di Ercole praticamente allo zenit. È un ammasso
globulare, strutture fossili della nostra galassia disposte in un guscio
sferico attorno al centro galattico e fuori dal piano a spirale della Via
Lattea. Se è vero quel che leggo, potrebbe avere più di 10 miliardi di
anni, il che lo renderebbe il più vecchio oggetto da me osservato finora.
Visivamente è una bella nuvoletta compatta, col centro ben definito. Lo
rintraccio senza problemi ma con un approccio fin troppo empirico per i miei
gusti: mi sa che mi tocca un’altra sessione di approfondimento con lo
strumento. La distanza è di ventitremila anni luce: quando la luce è partita
un uomo della stirpe di Cro-Magnon scolpiva dee madri nella pietra. Quando invece l'ammasso è nato, tutto il nostro sistema era ancora di là da
venire, e tutti gli atomi che mi compongono erano chissà dove, forse non ancora
forgiati o già infornati in una gigante rossa che stava per esplodere. In qualche
modo, c’ero.
lunedì 30 giugno 2014
mercoledì 4 giugno 2014
Saturno
Descrivere cosa ho provato la prima volta che ho visto Saturno
non è facile, perché dentro ci sono tante cose.
Era esposto a sud, abbastanza alto sull'orizzonte, al centro
della costellazione della Bilancia. Ma ho dovuto un po’ brigare, perché dalla
mia postazione abituale (che è dietro casa: sono un astrofilo pigro o
fortunato, a seconda dei punti di vista) quel lato di cielo mi è precluso. Ho
spostato il telescopio su un prato oltre la strada, sotto una scarpata profonda
qualche metro, abbastanza in basso da oscurare il lampione. Qualcuno dalla
strada mi ha anche visto, a notte inoltrata, ad armeggiare con roba strana con
una lampada rossa in fronte, ma oh, cazzi suoi.
E infine l’ho visto: una biglia bianca perfettamente definita
e circondata dagli anelli, messi di tre quarti come dovrebbero sempre essere,
con Titano in basso a destra e forse un altro satellite intravisto appena a
sinistra.
La prima impressione è che è una meraviglia. Sarà anche relativamente
semplice da osservare, ma Saturno è un gioiello di straordinaria eleganza, come
una perla incastonata in una montatura perfetta. Ma il fatto di discernere una
struttura complessa come gli anelli lo rende molto più presente, molto più
intimo che non una pallina senza identità come Venere o Marte. È come vedere i
crateri della luna col telescopio per la prima volta, che pensi di poterci
camminare da quanto tutto è chiaro e definito. Solo che stavolta la sensazione è
più profonda, perché a differenza della Luna non hai modo di intuire, ad occhio
nudo, cosa sia lì ad attenderti. Ti rendi conto all’improvviso che stai davvero
osservando Saturno con i tuoi occhi, dal vivo, senza trucchi. È lì, ed è
davvero fatto come dicono. Esiste e lo stai guardando, e siete te e lui, e chissà
se c’è qualcun altro con noi a condividere l’esperienza, qualcuno che, oltre me, lo sta
osservando col suo telescopio, da chissà dove. La sensazione è di
essere lì, sotto il cielo, a carpire i segreti di un altro mondo e a
contemplare il mistero di cui fa parte. Lo spazio, il tempo, la gravità, la
distanza. La luce e l’oscurità. L’infinitamente piccolo e l’infinitamente
grande. L’universo e la sua insondabilità radicale, appena mitigata un abbozzo
di descrizione matematica la cui possibilità è a sua volta un mistero. E
generazioni di astronomi e sacerdoti che hanno alzato gli occhi al cielo senza
capire, e poi Galileo che col suo telescopio rudimentale cominciò a intuire che
forse quel pianeta era strano, che forse
erano addirittura tre, e poi Christiaan
Huygens che in Olanda per primo lo vide come lo sto vedendo adesso. E il ruolo
dell’uomo, che nato su un granello osa avventurarsi al di fuori. Vertigine.
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